La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 26426 del 6 settembre 2022, si è recentemente espressa in materia di decorrenza della prescrizione dei crediti retributivi in costanza di rapporto di lavoro alla luce della modifica, ad opera della Legge Fornero (L. n. 92/2012) e successivamente del Jobs Act (D.lgs. n. 23/2015), delle tutele avverso i licenziamenti illegittimi.

Nello specifico la Suprema Corte ha risolto il profondo contrasto giurisprudenziale in tema di decorrenza della prescrizione dei crediti del lavoratore nelle aziende c.d. sopra soglia (atecnicamente, quelle con più di 15 dipendenti), chiarendo che la prescrizione quinquennale per crediti retributivi, dopo la legge n. 92/2012 (c.d. “Riforma Fornero”), non decorre più in costanza di rapporto di lavoro.

Per meglio comprendere la questione, facciamo un passo indietro.

Con alcune importanti sentenze degli anni ’60 e ’70, la Corte costituzionale (sentenze n. 62 del 1966, n. 143 del 1969, n. 174 del 1972) aveva dichiarato incostituzionale la decorrenza, in corso di rapporto di lavoro, della prescrizione dei crediti di lavoro, per la presenza di ostacoli di fatto, soprattutto il timore del licenziamento, che potrebbero sconsigliare il lavoratore dal vantare pretese durante il rapporto di lavoro.

Restava salva la regola della decorrenza immediata nei casi in cui fosse assicurata la stabilità del rapporto di fronte al licenziamento ingiustificato o illegittimo, come per i pubblici dipendenti o per i casi soggetti alla disciplina dello Statuto dei lavoratori, che prevedeva il pieno ripristino della situazione antecedente al licenziamento.

In altre parole, in quelle aziende ove era ordinariamente prevista – come “sanzione” per il datore di lavoro che avesse licenziato, del caso anche formalmente adducendo diversi motivi, il lavoratore “reo” di aver avanzato pretese di natura retributiva – la tutela c.d. reale (profilante la reintegra sul posto di lavoro, come storicamente garantita dall’art. 18, L. 300/1970), la prescrizione retributiva decorreva anche durante il rapporto di lavoro, dato che il lavoratore si considerava “protetto” da tale norma. In quelle aziende ove, invece, la tutela ordinaria contro i licenziamenti illegittimi era solo quella c.d. obbligatoria (prevedente la condanna del datore di lavoro al mero indennizzo economico del lavoratore licenziato, tradizionalmente previsto all’epoca dall’8, L. 604/1966), la prescrizione decorreva solamente dalla cessazione del rapporto.

Tale impianto normativo è stato fortemente modificato, dapprima con la c.d. Riforma Fornero (L. 92/2012) e poi dalle c.d. tutele crescenti (D. Lgs. 23/2015): a detta della dottrina, e poi da giurisprudenza sempre più numerosa, in conseguenza di tale mutato scenario la reintegrazione è divenuta “residuale”, essendo prevista solo in alcuni casi, mentre la tutela “standard” per un lavoratore licenziato è divenuta solamente quella meramente indennitaria.

Da qui, la richiesta – nel caso oggetto della sentenza in commento – alla Suprema Corte in ordine alla persistenza della decorrenza immediata della prescrizione anche nel mutato quadro normativo dei licenziamenti “garantiti”. La risposta della Corte di Cassazione (diversamente da quella dei giudici di merito) è negativa, in base alla valutazione dell’inadeguatezza della nuova disciplina a scongiurare il timore di un licenziamento ingiusto, costituente remora all’esercizio dei crediti del lavoratore in corso di rapporto di lavoro.

Nello specifico la Corte di Cassazione “ha ritenuto di superare il precedente orientamento giurisprudenziale secondo cui, per poter individuare il dies a quo della decorrenza del termine di prescrizione, fosse necessaria ed imprescindibile una valutazione, caso per caso, volta ad accertare tanto la sussistenza di una effettiva tutela reale a favore del lavoratore, quanto di un concreto timore del licenziamento strettamente connesso alla stabilità del rapporto di lavoro. Tale orientamento, secondo la Suprema Corte, è da considerarsi ormai inadeguato, sia perché fonte di incertezza del sistema (affidando ex post all’Autorità giudiziaria, in costanza di giudizio, il compito di ravvisare la stabilità del rapporto), sia in quanto incapace di assorbire, nello spirito di una interpretazione evolutiva del diritto, il cambiamento operato dalle riforme sul sistema della L. n. 300/1970. Le novità introdotte dalla L. n. 92/2012 e dal D.lgs. n. 23/2015 hanno comportato, per le ipotesi di licenziamento illegittimo, il passaggio da un’automatica applicazione della tutela reintegratoria e risarcitoria, ad un’applicazione selettiva delle tutele e delle sanzioni applicabili. La tutela reintegratoria, per effetto degli artt. 3 e 4 del D.lgs. n. 23/2015, ha acquisito ormai un carattere recessivo e residuale tale da determinare, inevitabilmente, un timore del dipendente nei confronti del datore di lavoro per la sorte del rapporto ove egli intenda far valere un proprio credito nel corso dello stesso”. La Corte, a tal ragione, stabilisce pertanto che “il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92/2012 e del D.Lgs. n. 23/2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della L. n. 92/2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro”.

In conclusione, ad avviso della Suprema Corte, per effetto delle riforme attuate dalla L. 92/2012 e dal D. Lgs. 23/2015, il termine di prescrizione per crediti retributivi decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro per tutti quei diritti che non fossero già prescritti al momento di entrata in vigore della Legge n. 92/2012 (ossia al 18 luglio 2012): ciò perché, pur mancando una predeterminazione certa dell’ambito di applicazione dei diversi regimi sanzionatori del licenziamento illegittimo, la tutela reintegratoria avrebbe assunto carattere “recessivo”.

* ° * ° *

© riproduzione riservata