Con l’ordinanza n. 29737 del 11 novembre 2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: un datore di lavoro non può recedere anticipatamente da un CCNL che ha una durata predeterminata, sostituendolo con un altro — anche mediante un accordo aziendale — senza il consenso di tutte le sigle sindacali firmatarie originarie.
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Il caso concreto
Nel fatto esaminato, una società aveva disapplicato un CCNL di settore ancora vigente — e in corso di efficacia — per sostituirlo con un altro contratto collettivo, mediante un accordo di armonizzazione sottoscritto solo con alcune sigle sindacali, escludendo un sindacato originario. La modifica è stata comunicata ai lavoratori, chiedendo loro una “firma per ricevuta e accettazione”.
La Corte d’Appello aveva già riconosciuto la natura antisindacale della condotta. La Cassazione ha confermato la decisione, dichiarando la nullità del recesso unilaterale e della sostituzione contrattuale, e sancendo la violazione della libertà sindacale e della tutela collettiva.
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I principi affermati dalla Cassazione
- Quando un CCNL prevede un termine di efficacia, il datore non può recedere unilateralmente prima della scadenza.
- Un accordo di armonizzazione aziendale, anche se firmato da sindacati ritenuti “rappresentativi” secondo gli schemi di rappresentanza, non è sufficiente a imporre il cambio del CCNL in contrasto con la durata pattuita.
- Anche ottenere la “ricevuta di accettazione” da parte dei dipendenti non sostituisce il consenso sindacale: quella firma è ricognitiva, non rappresenta un’effettiva adesione al nuovo contratto collettivo.
- La modifica delle condizioni collettive può essere legittima solo se il CCNL originario non prevedeva un termine di efficacia oppure se la disdetta è stata esercitata dalle parti stipulanti (associazioni datoriali e sindacati) nel rispetto delle regole.
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Spunti operativi per le aziende e i consulenti del lavoro
Alla luce di questa pronuncia, è fondamentale per le imprese — e per chi le assiste — considerare:
- Prima di avviare cambiamenti contrattuali collettivi, verificare la data di scadenza del CCNL applicato e se questo preveda termine di efficacia.
- In caso di volontà di passare a un diverso CCNL, occorre ottenere l’accordo di tutte le sigle firmatarie originarie: non basta un’intesa aziendale o un accordo sindacale parziale.
- Evitare pratiche che puntino su accordi “individuali” con i lavoratori (ricevute, firme, adesioni individuali) per giustificare il cambio: la giurisprudenza le considera insufficienti.
- Informare e coinvolgere le rappresentanze sindacali, rispettando le regole di concertazione e rappresentanza previste dalla normativa e dalla contrattazione collettiva.
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Conclusione
La pronuncia n. 29737/2025 della Corte di Cassazione è un monito chiaro: il CCNL non può essere “strappato” a piacimento. La sua efficacia vincola le parti per tutta la durata, e qualsiasi tentativo di modificare la fonte collettiva applicabile richiede il consenso unanime delle parti stipulanti. Per le aziende, significa che la contrattazione collettiva resta un pilastro stabile del rapporto di lavoro: cambiarlo richiede procedure corrette, coinvolgimento sindacale e rispetto del principio di libertà sindacale.